Ricorso,  della  Regione  Lombardia,  in  persona  del Presidente
pro-tempore  della  giunta  regionale,  on.  dott. Roberto Formigoni,
rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto ed
in  virtu'  di  deliberazione di G.R. n. 2983 del 29 dicembre 2000 di
autorizzazione  a  stare in giudizio, dall'avv. prof. Giuseppe Franco
Ferrari   e   dall'avv.   prof.   Massimo  Luciani  ed  elettivamente
domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via Bocca di Leone,
78;
    Contro   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  per  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1 della
legge  11  dicembre 2000, n. 365 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
dell'11  dicembre 2000,  serie  generale,  n. 288) di conversione con
modificazioni  del  decreto-legge  12  ottobre  2000, n. 279, recante
interventi  urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della
Regione   Calabria  danneggiate  dalle  calamita'  idrogeologiche  di
settembre  ed ottobre 2000, nella parte in cui introduce l'art. 1-bis
del  decreto-legge  12  ottobre  2000,  n. 279,  a tenor del quale si
dispone  che  le  determinazioni  di  adozione  dei piani stralcio di
bacino, assunti dai Comitati istituzionali delle Autorita' di bacino,
a   seguito   di   esami  dei  progetti  di  piano  nella  conferenza
programmatica   prevista   dal   comma 3   del   medesimo   articolo,
costituiscono variante agli strumenti urbanistici;
        dell'art.   2   della  legge  11  dicembre  2000,  n. 365,  e
conversione  in  legge con modificazioni del decreto-legge 12 ottobre
2000,   n. 279,   nella  parte  in  cui  dispone  che  nelle  regioni
danneggiate   dalle   calamita'   idrogeologiche   dell'autunno  2000
"chiunque  voglia  operare  tagli  di bosco, anche ceduo, in zone con
vincolo   idrogeologico   ai  sensi  delle  normative  vigenti,  deve
inoltrare  richiesta  al  sindaco del comune" (comma 1), che rilascia
nulla  osta  allo  svolgimento dei tagli, previa acquisizione di vari
pareri  di organi appartenenti ad enti di diversa natura e di diverso
livello (comma 2).

    1. - La  materia  "agricoltura  e  foreste"  di cui all'art. 117,
sedicesimo alinea, della Costituzione include pacificamente la tutela
del  patrimonio  boschivo  ed  il  suo  utilizzo,  anche negli ambiti
territoriali    caratterizzati    da    problematiche   di   dissesto
idrogeologico e quindi coperti da vincoli finalizzati alla protezione
del  territorio  da  fenomeni di sfruttamento antropico o comunque di
degrado.
    Gia'  il  d.P.R.  15  gennaio 1972, n. 11, pur con tutti i limiti
della disciplina ivi contenuta, evidenziati, sotto altra angolazione,
da  codesta  ecc.ma  Corte sin dalla sent. n. 142 del 1972, oltre che
dalla  dottrina  (ad  es.  Cheli,  in  Le  regioni,  1973,  119 ss.),
menzionava  espressamente  tra  le funzioni amministrative esercitate
dagli  organi  centrali  e  periferici  dello  Stato  in  materia  di
agricolture   e   foreste,   caccia  e  pesca  nella  acque  interne,
trasferite,  per  il  rispettivo  territorio,  alle regioni a statuto
ordinario  "la  bonifica integrale e montana" (art. 1, comma 2, lett.
h),  "i  boschi  e  le  foreste,  i  rimboschimenti  e  le  attivita'
silvopastorali ..." (art. 1, comma 2, lett. n).
    Il  d.P.R.  n. 616  del  1977,  poi, abbandonando il criterio del
"ritaglio"  e  ricorrendo  ad  attribuzioni  di funzioni per blocchi,
ricomprendeva  tra  l'altro,  all'art. 66, nella materia de qua quale
oggetto  di trasferimento alle regioni e non di delega, "i boschi, le
foreste e le attivita' di produzione forestale e di utilizzazione dei
patrimoni  silvo-pastorali",  la  "bonifica  integrale e montana", e,
all'art.  69  (intitolato  "Territori montani, foreste, conservazione
del  suolo"),  nonche',  all'art.  69,  comma  2,  "tutte le funzioni
esercitate  dallo  Stato  o  da altri enti pubblici..., concernenti i
territori  montani,  le  foreste  la  proprieta' forestale privata, i
rimboschimenti  e  le  proprieta'  silvo-pastorali degli enti locali,
compresi  i poteri di determinazione dei vincoli e gli interventi sui
terreni  sottoposti  a  vincoli" e all'art. 69, comma 4, "le funzioni
concernenti  la  sistemazione  idrogeologica  e  la conservazione del
suolo".
    La   dottrina  ha  sempre  sottolineato  la  globalita'  di  tale
trasferimento   come   concernente   l'agricoltura   non  solo  sotto
l'angolazione economica, ma anche nella sua valenza di protezione del
territorio  e  dell'ambiente agricolo, forestale e montano (ad es. F.
Trimarchi  Banfi,  Art.  69,  in I nuovi poteri delle regioni e degli
enti  locali, a cura di F. Bassanini e A. Barbera, Bologna, 1978, 416
ss.;  S.  Bartole, Art. 117, in Commentario della Costituzione a cura
di G. Branca, Bologna-Roma, 1985, 183 ss.).
    Prima  ancora del d.P.R. n. 616, d'altronde, codesta ecc.ma Corte
aveva,  nella  sentenza n. 72 del 1977, affermato che la tutela della
flora  afferisce  alla  protezione della natura come submateria della
materia "agricoltura e foreste".
    Infine,  il  d.lgs.  n. 1  12  del 1998, nel tracciare le nuove e
sinora  definitive  linee  del  riparto  di  competenze  tra  Stato e
regioni,  ha  confermato  l'approccio  evolutivo sopra descritto, nel
senso   di   accentuare   il   carattere  generale  ed  organico  del
conferimento delle funzioni a favore delle regioni.
    Il  titolo  II,  relativo  allo  sviluppo  economico  e attivita'
produttive,  nel  quale  e'  ricompresa  la  materia  "agricoltura  e
foreste"  (art. 11, comma 2), disciplina infatti, in attuazione della
delega  di cui all'art. 1 della legge n. 59 del 1997, il conferimento
alle  regioni  e  agli  enti  locali  delle  funzioni  e  dei compiti
esercitati, nel settore dello sviluppo economico, da qualunque organo
o amministrazione dello Stato o da enti pubblici da questo dipendenti
(art. 11, cornma 1).
    Il  titolo  II,  pur  non  contenendo  disposizioni  in  tema  di
"agricoltura  e  foreste",  fa  espresso rinvio (art. 11, comma 2) al
d.lgs.  n. 143  del  1997, che aveva gia' provveduto anticipatamente,
sempre  in  attuazione della legge n. 59 del 1997, a dettare separata
disciplina nel settore.
    L'art.  1  di  tale  ultimo  decreto  legislativo  stabilisce  il
conferimento  delle funzioni amministrative alle regioni ed agli enti
locali  di  tutte le fuzioni ed i compiti svolti dal Ministero di cui
al  comma  1  e  relativi  alle  materie agricoltura, foreste, pesca,
agriturismo,  caccia,  sviluppo rurale, alimentazione, prevedendo che
questi  sono esercitati dalle regioni, direttamente o mediante delega
od  attribuzione,  nel  rispetto delle disposizioni dell'art. 4 della
legge  15 marzo 1997, n. 59, alle province, ai comuni, alle comunita'
montane  o  ad altri enti locali e funzionali, ad eccezione di quelli
tassativamente elencati nell'art. 2.
    E'  chiaro,  dunque,  il  carattere  generale  attribuito da tale
disciplina  al  conferimento di funzioni nel settore di riferimento a
favore  delle  regioni  (G.  Pastori,  Commento  all'art.  11,  in Le
regioni, nn. 3-4/1998, pag. 524).
    2. - A seguito degli eventi meteorici ed alluvionali dell'autunno
2000,  il Governo ha varato il d.l. n. 279 del 12 ottobre, contenente
varie misure relative alle aree a rischio idrogeologico ed in materia
di  protezione  civile.  Esse includevano: interventi di salvaguardia
per  le  aree  a  rischio  elevato,  in estensione ed integrazione di
quanto  gia'  previsto  dal d.l. n. 180 del 1998, convertito in legge
n. 267   del   1998,  potenziamento  dei  programmi  di  monitoraggio
meteo-idro-pluviometrico, copertura del territorio nazionale mediante
radar  meteorologici  (art. 1),  attivita'  straordinaria  di polizia
idraulica  (art. 2),  ricognizione dello stato di conservazione delle
opere   di   sistemazione   dei   versanti   (art. 3),  rafforzamento
dell'organizzazione  della  Agenzia  di  protezione  civile di cui al
d.lgs.  n. 300  del 1999 (art. 6); misure urgenti a favore delle zone
della  Calabria  danneggiate  dalle  recenti calamita' idrogeologiche
(artt. 4 e 5). All'esercizio della decretazione di urgenza la regione
Lombardia nulla aveva da eccepire.
    Tuttavia,  in  sede  di  conversione  parlamentare  in  legge del
decreto-legge,    nonostante    l'accertamento   dell'esistenza   dei
presupposti di costituzionalita' da parte della I Commissione (Affari
costituzionali)   del   Senato,   non   solo  venivano  apportate  al
decreto-legge  significative  integrazioni,  tra  cui  in particolare
l'art. 1-bis,  ma  si  aggiungeva  ex novo la disciplina dell'art. 2,
che,  come si e' detto introduttivamente, assoggetta qualunque taglio
di bosco nelle zone assoggettate a vincolo idrogeologico a nulla osta
comunale,  sentiti i pareri "della competente commissione del comune,
dell'Autorita' di bacino, del Corpo forestale dello Stato, competente
per  territorio,  della  sovrintendenza competente in materia di beni
ambientali, nonche' della regione ...".
    3. - Tale ulteriore disciplina e' lesiva della sfera di autonomia
costituzionalmente  garantita  delle  regioni,  ed  in  specie  della
regione Lombardia, sotto molteplici profili di diritto.
    Violazione  degli  artt. 3, 5, 41, 97, 117 e 118 Cost., anche con
riferimento  al  riparto  di competenze determinato dal d.P.R. n. 616
del 1977 e dal d.lgs. n. 112 del 1998.
    Prendiamo  le mosse, per esigenze di logica espositiva, dall'art.
2 della legge impugnata.
    Come  si  e'  detto  sub 1, la giurisprudenza costituzionale e la
dottrina non hanno mai revocato in dubbio l'appartenenza della tutela
del patrimonio forestale e della disciplina del vincolo idrogeologico
alla  materia  "agricoltura  e  foreste" di cui all'art. 117 Cost., e
pertanto  la riconduzione delle relative funzioni amministrative alla
competenza   legislativa,   ed  in  parallelo  amministrativa,  delle
regioni. Univoca in tal senso e' stata pertanto l'interpretazione del
d.P.R. n. 616 del 1977 e del piu' recente d.lgs. n. 112 del 1998.
    La   competenza   legislativa  regionale  e'  stata  tra  l'altro
esercitata da tempo dalla regione Lombardia. La disciplina vigente e'
rappresentata  dalla  legge regionale 21 giugno 1988, n. 33, adottata
proprio  in attuazione del d.P.R. n. 616, che definisce organicamente
l'assetto  della  materia, elenca in dettaglio gli interventi in zone
vincolate   a   rischio   idrogeologico   ed   in  particolare  detta
prescrizioni analitiche circa il taglio dei boschi.
    In specie, stabilisce la l.r. Lombardia n. 33 del 1988, che nelle
zone  soggette  a  vincolo  idrogeologico e geologico, imposto con le
modalita'  di  cui  alla  medesima  legge, sono soggetti a preventiva
autorizzazione   gli  interventi,  che  incidano  sugli  assetti  dei
terreni,  tra  cui  quelli  concernenti  "il taglio di boschi secondo
quanto  previsto dalle direttive di cui al primo comma del precedente
art.  2 ad eccezione della normale attivita' silvocolturale" (art. 5,
comma 1,  lett.  c),  l.r.  Lombardia n. 33/1988). L'iter procedurale
previsto  da  tale  disciplina  comprende:  un'attivita'  istruttoria
tecnica rimessa al servizio provinciale agricoltura, per la pronuncia
finale  di  motivato  parere (comma 3), il rilascio di autorizzazione
mediante  delega conferita dalla regione (comma 5) ed in ogni caso il
potere  della  regione di sospendere l'efficacia delle autorizzazioni
medesime (comma 6).
    In   ultima  analisi,  la  disciplina  sinteticamente  illustrata
riconduce  alla  regione  un  potere  di  controllo  e di sospensione
dell'efficacia  delle  autorizzazioni  relative agli interventi sopra
descritti,  il  quale  attribuisce alla stessa autorita' regionale un
ruolo  centrale  ben  diverso  dalla  funzione  (prevista dalla legge
impugnata) consistente nel rilascio di semplice parere all'interno di
un  iter che conferirebbe ora centralita' al ruolo assegnato all'ente
locale (rectius, sindaco).
    La  legge  qui  impugnata  aggira,  o  per  meglio  dire,  ignora
completamente  il riparto costituzionale di competenze, come definito
dal  d.P.R.  n. 616  del 1977 e da ultimo dai decreti legislativi nn.
143  del  1997 e 112 del 1998. Essa infatti individua un nuovo regime
uniforme  per  i  tagli  di  bosco  in  zone a vincolo idrogeologico,
omettendo   qualunque   riferimento   al   riparto   esistente  delle
attribuzioni  tra  Stato  e  regioni,  come  definito da norme aventi
carattere   di   integrazione   del   parametro   del   giudizio   di
costituzionalita',  e introducendo un regime normativo ordinario, non
limitato  a  circostanze  contingenti  o  a  situazioni di emergenza,
dettato  direttamente  dallo  Stato,  a  prescindere  dalle normative
regionali   vigenti,   e   per   giunta  viziato  nella  razionalita'
intrinseca.
    Essa   infatti  non  ha  la  pretesa  di  porsi  quale  norma  di
legge-quadro,   destinata,   in   materia   totalmente   coperta   da
trasferimento alle regioni, ad essere attuata da normazione regionale
concorrente,  ma  contiene un regime in se' compiuto e minuzioso, non
bisognoso  di  alcuna  specificazione  in  un rapporto di dettaglio a
principio.   L'uniformita'   della  disciplina  cosi'  introdotta  si
aggiunge  insomma  alla  minuziosita',  tale da non lasciar residuare
alcun  margine  specificativo  a  favore  delle  regioni  in  sede di
competenza legislativa ripartita.
    Va   aggiunto  che  la  attribuzione  diretta  di  competenze  di
amministrazione  attiva  al  sindaco  priva  la  regione di qualsiasi
margine   di   discrezionalita'   integrativa  e  aggira  il  livello
regionale,   spogliandolo   di  qualsiasi  opzione  allocativa  delle
attribuzioni   amministrative,   ed   impedendogli,  ad  esempio,  di
individuare  le  province  o  le  comunita'  montane  quali  soggetti
utilizzabili  in  vista  di  un  obiettivo  di interesse pubblico pur
rilevante.
    Inoltre,  la  disciplina contestata presenta distinti e rilevanti
profili  di  contraddittorieta'  ed  irragionevolezza intrinseche sul
piano contenutistico. In primo luogo essa richiama, quali presupposti
endoprocedimentali  del  nulla  osta  sindacale,  pareri  quanto meno
singolari:  cosi'  quello della competente commissione del comune (si
deve  intendere  quella  consiliare,  visto che non ne esistono altre
paragonabili  alla  commissione  edilizia;  ma  cosi' si va contro la
tendenza,  codificata  dalla  legge  n. 142  del 1990 ed ora dal t.u.
n. 267  del  2000,  verso  l'attribuzione  al  Consiglio  comunale di
funzioni  di  indirizzo,  e  non di amministrazione attiva puntuale);
quella della sovrintendenza competente in materia di beni ambientali,
che   peraltro  dovrebbe  essere  divenuta  ormai  organo  regionale,
sicche',  per  un  verso,  non  e'  dato  intendere  in che possa poi
consistere l'ulteriore parere della regione e, per l'altro, si incide
sull'organizzazione  interna  della regione stessa, identificando con
legge  dello  Stato  addirittura  l'ordine  ddle  competenze dei suoi
organi.
    Ne'   si   dica   che  il  ruolo  regionale,  sottoposto  a  dura
compressione  mediante l'azzeramento di qualsiasi capacita' di scelta
legislativa    discrezionale,    sia    quanto    a    determinazioni
contenutistiche   sia   quanto   ad   allocazioni   di   attribuzioni
amministrative tra i livelli di governo, venga recuperato mediante un
parere,  obbligatorio  si',  ma non vincolante ed equiparato a quello
della  non meglio definita commissione comunale competente. Si tratta
semmai   della   beffa   aggiunta  al  danno,  e  non  certo  di  una
compensazione  per  la  ben  piu'  grave  sottrazione di competenze a
garanzia costituzionale.
    In  secondo  luogo, l'attivita' assoggettata a nulla osta risulta
indefinita,  o  definita in termini assai generici, cosi' da divenire
incomprensibili  sul  piano  applicativo.  Il  taglio  indicato dalla
disposizione normativa contestata potrebbe infatti anche includere il
mero taglio manutentivo, ordinario e straordinario, e non il completo
abbattimento  del bene boschivo. Se cosi' fosse, gli uffici comunali,
regionali  e  statali  verrebbero  di  colpo  ad  essere soffocati da
pratiche  relative  ad interventi di poca o nulla rilevanza sul piano
forestale   ed  idrogeologico.  Invece,  come  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale   ha   gia'   chiarito,  gli  ordinari  interventi  di
silvicoltura  e di "appropriato taglio" sono essenziali per la stessa
conservazione del bosco, e quindi per la tutela dell'interesse che la
stessa  legge  qui  impugnata pretende di perseguire (sent. n. 14 del
1996, con nota di D. M. Traina. Legge Galasso e tutela dei boschi, in
Giur. cost., 1996, 130 sgg.).
    Si  ha,  cosi',  un'espropriazione  di competenze regionali ancor
piu'   grave   in   quanto   indiscriminata  sul  piano  dell'impatto
burocratico,  oltre  che  della  generalizzata lesione di aspettative
proprietarie  costituzionalmente  protette, ancorche' in un'ottica di
(apparente)  funzionalizzazione  ad  esigenze  di  carattere sociale.
Appare  altresi' evidente la sproporzione tra il fine di salvaguardia
del  patrimonio  forestale,  in  un'ottica di prevenzione di dissesti
idrogeologici,     perseguito     al    prezzo,    costituzionalmente
inaccettabile,   della  lesione  della  autonomia  costituzionalmente
garantita  alle  regioni,  ed  il mezzo rappresentato da un controllo
sistematico  su interventi di nulla o minima rilevanza sul patrimonio
forestale,  e  persino  su quelli necessari 7 per il suo incremento o
addirittura  per  la  sua preservazione. L'irragionevole compressione
delle     aspettative     proprietarie     si     sovrappone    cosi'
all'intrinsecamente  irrazionale disciplina amministrativa, che si e'
piu' sopra censurata.

    4. - Quanto  all'art.  1-bis,  inserito  nel d.l. n. 279 del 2000
dalla   legge   di  conversione  qui  impugnata,  tale  disposizione,
integrando  ed innovando la disciplina della legge n. 183 del 1989 in
tema  di  piani  stralcio  per  la  tutela dal rischio idrogeologico,
introduce  al  comma  5  un  effetto  di  automatica  variante  degli
strumenti  urbanistici  (si  deve intendere comunali e sovracomunali)
esistenti, per effetto dell'adozione dei medesimi piani stralcio, sia
pure  a seguito di conferenza programmatica indetta dalla regione con
riferimento ad ambiti territoriali predeterminati, con partecipazione
di  comune  e  provincia  (commi  3  e  4),  da  parte  del  comitato
istituzionale dell'autorita' di bacino.
    Tale   effetto  automatico  di  un  provvedimento  amministrativo
statale,    non   adeguatamente   compensato   dalla   partecipazione
procedimentale  riconosciuta  sia  alla regione che agli enti locali,
incide   pesantemente  sulle  potesta'  programmatorie  dell'uso  del
territorio spettanti alla regione in base agli artt. 117 e 118 Cost.,
con  riferimento  sia  alla materia "agricoltura e foreste" sia alla.
materia "urbanistica".
    Viceversa,  l'effetto  non  automatico, di riconsiderazione degli
strumenti  urbanistici  e  di eventuale adeguamento di essi a seguito
del  piano  stralcio,  previsto  dalla  previgente  legislazione, era
decisamente    meno    invasivo    della    sfera    di    competenze
costituzionalmente garantite alla regione.
    I  piani stralcio adottati dall'Autorita' di bacino rappresentano
l'esito  di  un  percorso legislativo iniziato con la legge 18 maggio
1989,  n. 183,  recante  "Norme  per  il  riassetto  organizzativo  e
funzionale della difesa del suolo", la quale ha previsto la redazione
e  l'approvazione  dei  piani  di bacino anche per stralci relativi a
settori  funzionali  (art. 17,  comma  6-ter),  e  proseguito  con il
decreto-legge  11  giugno 1998, n. 180, recante misure urgenti per la
prevenzione del rischio idrogeologico (convertito, con modificazioni,
dalla  legge  3  agosto  1998,  n. 267 e modificato ulteriormente dal
decreto  legge 13 maggio 1999, n. 132, convertito con legge 13 luglio
1999, n. 226).
    In   particolare,   l'art. 17   della   legge  n. 183  del  1989,
nell'indicare finalita' e contenuti del piano di bacino, prevedeva un
meccanismo  del  tutto diverso, caratterizzato dal successivo obbligo
di adeguamento della pianificazione urbanistica alle prescrizioni del
piano,  che,  ove  non adempiuto, rimetteva alla regione un potere di
adeguamento  d'ufficio.  In  base  ai  commi 4 e 5, i piani di bacino
dovevano  essere  coordinati  con  i programmi nazionali, regionali e
subregionali  di sviluppo economico e di uso del suolo. Il successivo
comma  6  disponeva  poi  che "Le regioni, entro novanta giorni dalla
data  di  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  o nel Bollettino
ufficiale   dell'approvazione   del  piano  di  bacino,  emanano  ove
necessario  le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso
nel settore urbanistico.
    Decorso  tale  termine, gli enti territorialmente interessati dal
piano  di  bacino  sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni
nel  settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad
adottare   i  necessari  adempimenti  relativi  ai  propri  strumenti
urbanistici  entro  6 mesi dalla data di comunicazione delle predette
disposizioni   e   comunque   entro   9   mesi   dalla  pubblicazione
dell'approvazione  del  piano  di  bacino, all'adeguamento provvedono
d'ufficio le regioni".
    La  dottrina  del  resto ha piu' volte sottolineato la natura non
assorbente   della  pianificazione  di  bacino  rispetto  alle  altre
pianificazioni  settoriali, evidenziando al contrario che il piano di
bacino  non  elimina  gli  altri piani ed i conseguenti interventi di
settore;  esso  e'  un  piano  aggiuntivo,  che  va  coordinato con i
programmi nazionali, regionali e subregionali di sviluppo economico e
di  uso  del suolo e che, una volta approvato, richiede un intervento
di  adeguamento  successivo  da  parte delle autorita' competenti (E.
Salvia  e  F.  Teresi,  "Diritto  urbanistico",  Cedam,  1998).  Cio'
significa  che  il  piano  di  bacino,  proprio  per  le sue indicate
finalita' settoriali, dovrebbe costituire svolgimento di una funzione
di  coordinamento  da parte dello Stato, ai fini del migliore assetto
del  territorio,  la  quale  si  inserisca, comunque, in un quadro di
competenze   ripartite   tra  Stato  e  regioni,  nell'ambito  di  un
approfondito intervento di adeguamento successivo, che veda partecipi
gli  enti  esponenziali  degli  interessi  territoriali e urbanistici
coinvolti.